venerdì 26 gennaio 2007

Torna, piccola Sheba!

(Come Back, Little Sheba!, Usa 1952, b/n 99’)
di Daniel Mann.
Con Burt Lancaster, Shirley Booth, Terry Moore, Richard Jaeckel.
Frank Delaney e signora sono una coppia di mezza età senza figli e con l’adorata cagnetta del titolo appena scappata di casa. Lui è un ex alcolista, lei è logorroica e premurosa, per riempire il vuoto del loro matrimonio in pezzi affittano una stanza ad una giovane studentessa universitaria, Mary. Si affezioneranno molto a lei, anche troppo, e Jack finirà per ricadere nel suo vizio quando scopre che la ragazza flirta con un coetaneo proprio il giorno prima di rivedere il fidanzato. Tratto da una piece di successo di Broadway interpretata dalla stessa Booth (che grazie a questo ruolo vinse anche un meritatissimo premio Oscar) è un dramma familiar-sentimentale (con la bottiglia sempre in agguato come co-protagonista) girato con mestiere ma senza particolare originalità, all’epoca fu un successo, oggi appare assai invecchiato, si salva solo grazie alla bravura dei due straordinari intepreti principali. Un film che non lesina comunque emozioni, nonostante il finale convenzionale e riconciliante (in antitesi con quello della rappresentazione teatrale) non sia proprio azzecattissimo.Ne esiste un remake inglese fatto per la TV. Il film ha ottenuto anche due nominations (montaggio e miglior attrice non protagonista a Terry Moore) più un premio internazionale a Cannes, dove è stata premiata anche la performance della Botth che vinse oltre al già citato Oscar anche il Golden Globe. Voto 6,25.

giovedì 25 gennaio 2007

Serpico

(Usa 1973, ol. 129’)
di Sidney Lumet.
Con Al Pacino, John Randolph, Jack Kehoe, Barbara Eda-Young, Tony Roberts, M.Emmet Walsh, F.Murray Abraham.
L’agente di polizia del Bronx Frank Serpico deve fare i conti con la corruzione dilagante a tutti I livelli, il suo anticonformisto e la sua onestà lo metteranno in cattiva luce con i colleghi e soprattutto con i superiori che hanno le mani in pasta negli affari più grossi. Intento anche la sua vita sentimentale va in crisi per colpa dei problemi lavorativi. Il solido Lumet, sempre a suo agio con il cinema d’inchesta, dirige Pacino in un ruolo tagliato su misura per l’estroso attore italo-americano. Il film è tratto da un romanzo scritto da Peter Maas ed a sua volta ispirato a fatti realmente accaduti. Il taglio crudo tipico degli anni ’70 (in qualche modo ispirato al precedente “Il braccio violento della legge”), il tema attualissimo (specie negli anni del Watergate) e la performance di Pacino (che raccolse un Golden Globe, un David di Donatello ed una nominations all’Oscar insieme alla sceneggiatura non originale) ne hanno fanno un film di successo anche se in realtà non ha nulla di veramente memorabile od originale. Voto 6,50.

In Her Shoes

(Usa 2005, col. 130')
di Curtis Hanson.
Con Cameron Diaz, Toni Collette, Shirley MacLaine, Anson Mount, Richard Burgi, Candice Azzara, Brooke Smith, Mark Feurestein.
Le sorelle Rose e Maggie sono legatissime ma diversissime fra loro, la prima è un avvocatessa poco avenente che vive per il lavoro e soffre per la mancanza di una vera vita sentimentale. La biona Maggie ha successo con gli uomini, ne cambia in continuazione ma la sua vita lovorativa è un disastro. Quando Rose trova finalmente un collega con cui intraprendere una relazione seria, Maggie rovina tutto portandoselo a letto a casa della sorella. Anche altri disastri familiari verranno a galla. Hanson è senza dubbio un buon regista, questo film mischia con abilità i generi, il sentimentale è ovviamente in primo piano, ma anche i toni drammatici e soprattutto quelli leggeri della commedia affidati alle battute dei simpaticissimi vecchietti della casa di riposo in Florida prevalgono in una pellicola che ha il solo difetto di essere troppo convenzionale in un finale scontatissimo. Non basta recitare una poesia per essere poetici. Comunque brave le due interpreti principali, menzione speciale per l'inossidabile Shirley MacLaine, che per questa parte ebbe una nomination a Golden Globes. Girato a Philadelphia, c'è anche una simpatica citazione cinefila, con Rose che corre con i cani sulla scalinata resa famosa da Stallone in "Rocky" esulatondo come lui una volta arrivata in cima.
Voto 6,00


mercoledì 24 gennaio 2007

La maschera di cera

(House of Wax, Usa/Australia 2005, Col.113’)
di Jaume Collet-Serra.
Con Elisha Cuthbert, Chad Michael Murray, Brian Van Holt, Paris Hilton, Jared Padalecki, Jon Abrahams.
Un gruppo di ragazzi Americani decidono di passare un week-end fuori città con la scusa di andare a vendere un’importante partita di College Football. Dopo aver trascorso la notte in tenda nella campagna della Louisiana, una coppia decide di restare per far riparare l’auto momentaneamente guasta. Un bizzarro campagnolo di passaggio li accompagna nella più vicina cittadina, il posto è alquanto deserto e sinistro, e chiaramente c’è qualcosa che non va. Guai in vista, collegati a dei fratelli siamesi ed a un bizzarro museo delle cere. Terzo adattamento cinematografico della piece teatrale “Waxworks” di Charles S.Belden, rispetto ai precedenti datati 1933 e 1953, il film dell’esordiente Collet-Serra e prodotto da Robert Zemeckis è molto più libero dal testo teatrale ed il film ne trae indubbiamente beneficio. L’inizio è abbastanza convenzionale ma poi il film prende ritmo, forza e lo splatter va in scena in un finale davvero bellissimo, alcune scene inquietanti colpiscono nel segno come la casa di cera che si scioglie o il pubblico finto che guarda sul grande schermo la performance di Bette Davis in “Che fine ha fatto Baby Jane?”. Inoltre Paris Hilton (che per questa interpretazione ha vinto il “Razzie Award” cioè l’Oscar al contrario) fa una brutta fine, e non si può non trarne giovamento, la Cuthbert non è certo una grande attrice, e si vede. Ironia a parte molto sopra la media degli horror che si vedono al cinema nel nuovo millennio. Voto 6,75

sabato 20 gennaio 2007

Lady Henderson presenta

(Mrs.Henderson presents, Regno Unito 2005, col. 103’).
Di Stephen Frears.
Con Judi Dench, Bob Hoskins, Christopher Guest, Kelly Reilly, Will Young, Thelma Barlow.
Londra, seconda metà degli anni ’30, la signora Henderson appena rimasta vedova (con ricca eredità) decide di comprarsi il Windmill Theatre, frivola e totalmente all’oscuro di come funziona quel mondo assume l’austero signor Van Damm come direttore artistico. Inizialmente la rivista musicale che viene portata in scena ha successo anche grazie all’idea di Van Damm di proporre (primi in Inghilterra) un orario continuato di spettacoli, mai poi quando anche gli altri teatri seguono questa impostazione il Windmill va in crisi. A quel punto mrs. Henderson ha la stravagante idea di mostrare alcune ragazze completamente nude in scena, sfrutta il suo ascendente sul capo della censura ed ottiene uno strepitoso successo. Intanto il suo rapporto con il burbero direttore vive alti e bassi continui. Frears gira un film ottimamente ambientato nell’Inghilterra di oltre mezzo secolo fa, il tono è chiaramente quello della commedia, la storia è realmente accaduta, i due interpreti principali (la Dench e Bob Hoskins) sono assolutamente all’altezza. Ma il film purtroppo rimane un pochino superficiale, non è molto divertente e non ci racconta nulla di veramente interessante se non l’esplorazione di un curioso fatto di cronaca. L’abilità registica di Frears non è in discussione, ma non basta per rendere il film davvero significativo. Due nomination all’Oscar: Judi Dench come miglior attrice protagonista e per i costumi. Voto 6,00.

venerdì 19 gennaio 2007

Le cinque variazioni

(De fem benspænd, Danimarca 2003, col. 90')
di Jorge Leth e Lars von Trier.
Documentario misto a cartoon con Jorgen Leth e Lars von Trier.
Il soggetto del film è un giochino, una sfida che il noto regista danese Lars von Trier propone al suo più anziano connazionale collega Jorgen Leth, Leth dovrà rifare per 4 volte un suo corto sperimentare del 1967 (The Perfect Human) secondo le regole che via via von Trier gli detterà. La prima "variazione" consiste in un film in cui le sequenze non dovranno superare i 18 fotogrammi, da girare a Cuba ecc,. la seconda nel girare il film a Bombay, in India la terza nel farne un cartoon e la quarta sarà solo la lettura da parte di Leth di una dichiarazione scritta dallo stesso von Trier. Un film davvero diverso, perennemente in bilico fra documentario e fiction, che vorrebbe analizzare le possibilità dello strumento cinematografico attraverso il gioco perverso e la tortura creativa che von trier pratica sul più esperto collega. Alla lunga però il tutto diventa assasi noioso e dai numerosi siparietti fra i due cineasti emerge solo la sterilità di un giochino pseudo-intellettuale, von Trier poi riesce a sprigionare davanti alla telecamere un'inarrivabile e spontanea antipatia. Il montaggio schizzoide non aiuta. I due coregisti sono stati candidati senza vincerlo all'European Film Award.
Voto 5,00.

giovedì 18 gennaio 2007

La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler

(Der Untergang, Germania 2003, col. 150') di Oliver Hirschbiegel. Con Bruno Ganz, Alexandra Maria Lara, Corinna Harfouch, Ulrich Matthes, Juliane Kohler.
Gli ultimi giorni della vita di Adolf Hitler, rinchiuso nel bunker di Berlino insieme all'amata Eva (che sposerà poco prima della tragica fine) e al suo entourage di fedelissimi fra cui la sua giovanissima stenografa, coprotagonista ed "innocente" testimone della tragica fine del terzo reich. Il film alterna la vita nel bunker sotterraneo con quello che accade fuori, l'ultima resistenza affidata ai ragazzini della gioventù hitleriana e le tragiche condizioni dei civili e dei feriti. Contestatissimo anche in patria (Wim Wenders si è espresso duramente su un Hitler figura quasi compassionevole) il film di Hirschbiegel ha il difetto di dipingere gli sconfitti del regime nazista con troppa umanità, il film si segue bene, ma la sceneggiatura spesso tentenna senza prendere una strada precisa fra storie esterne di personaggi minori ed i rapporti interprersonali nel bunker, i problemi di questa pellicola risiedono anche nei personaggi di contorno tutti troppo "buoni" come a voler sottolineare, enfatizzare (in modo esagerato) la non responsabilità del popolo tedesco verso le immani colpe del nazismo. Le parti girate in interni poi sono quasi da fiction televisiva, regia molto, troppo piatta e solo gli esterni compensano parzialmente questa mancanza. Scena finale da "La vita è bella" che lancia una speranza sul futuro della nuova Germania, e che ci dice che in fondo i giovani erano incolpevoli. Bella la breve intervista finale con la vera segretaria di Hitler. Ganz bravo anche se forse un po' eccessivo. Scontati tutti i difetti rimane comunque un film interessante, specie per il tema trattato, ed il fatto che abbia fatto molto discutere lo dimostra. Voto 6,00.

lunedì 15 gennaio 2007

La Terra

(Ita 2006, col. 112')
di Sergio Rubini.
Con Fabrizio Bentivoglio, Paolo Briguglia, Massimo Venturello, Emilio Solfrizzi, Giovanna Di Rauso, Claudia Gerini, Alisa Bystrova, Sergio Rubini.
Luigi Di Santo professore milanese di origine pugliese torna per le vacanze pasquali a Mesagne per vendere la masseria di famiglia che possiede insieme ai tre fratelli rimasti al paese. Giunto in loco però si accorge che le cose non sono affatto semplici, il fratello Michele che possiede un mobilificio è indebitato fino al collo con uno strozzino, Mario, il più piccolo assistente in una comunità di portatori di handicap ha rimorsi di coscienza per la morte di uno di loro, Aldo, l'unico a vivere nella masserianon si parla con Michele e non vuole vendere. Al centro di tutto c'è un vecchio amico d'infanzia, Tonino, maneggione, strozzino e con le mani in pasta in tutte le storie della famiglia. Rubini è un regista discontinuo anche all'interno dello stesso film, e sebbene questo sia probabilmente il suo più convincente, non è assolutamente privo di difetti. L'ambientazione nel paesino del profondo Sud e la caratterizzazione di alcuni personaggi (specie il Tonino che lui stesso interpreta) sono indubbiamente efficaci, così come lo è lo spunto di partenza, sono invece molto carenti le psicologie dei quattro fratelli ed anche la sofferta interpretazione di Bentivoglio (perennemente imbronciato) non convince del tutto. E come spesso succede all'attore e regista pugliese il finale è un po' tirato via. Nel complesso, comunque, sopra la media del cinema italiano di oggi. Voto 6,50.

giovedì 11 gennaio 2007

Fireworks

(USA 1947, b/n 14’)
di Kenneth Anger.
Con Kenneth Anger, Bill Seltzer, Gordon Gray.
Un giovane si sveglia nel suo letto dopo aver sognato di essere stato fra le braccia di un marinaio, si alza e cerca di realizzare il suo sogno omosessuale ma viene duramente picchiato da un vero gruppo di marinai, solo quando tornerà nel suo letto la sua fantasia sessuale si potrà materializzare. Questo cortometraggio segna il debutto come regista e protagonista di Kenneth Anger nome simbolo del cinema underground americano. Il film che fu realizzato in un weekend, si ispira chiaramente nell’atmosfera alle opere di Cocteau e nel montaggio al grandissimo Ejzenstein. Assolutamente sconvolgente per l’epoca il simbolismo che ribalta tutti i valori tipici dell”Amaerican Way of Life”, può essere anche a ragione considerato il primo film sadomasochista della storia. Una pellicolare veramente incredibile e provocatoria per il 1947. Il film è privo di daloghi. Il titolo, che letteralmente significa “Fuochi d’artificio” si riferisce alla celebre scena dell’eiaculazione dove al posto del pene c’è un candelotto. E’ considerato il primo film del “Magick Lantern Cycles”.
Voto 8,00.

mercoledì 10 gennaio 2007

Da quando Otar è partito...

(Depuis qu’Otar est parti…, Francia 2003, col. 102’)
di Julie Bertucelli.
Con Esther Gorintin, Nino Khomassouridze, Dinara Droukarova, Temour Kalandadze.
L’anziana Eka vive a Tbilisi (capitale dell’ex repubblica sovietica della Georgia) insieme alla figlia Marina ed alla nipote Ada. E’ attaccatissima anche al figlio Otar che è emigrato a Parigi, la città che l’anziana signora ha sempre sognato di visitare. La tranquillità familiare viene però scossa dalla notizia della morte di Otar in un incidente avvenuto in un cantiere edile. Marina e Ada decidono di non dire nulla ad Eka per non farla soffrire e così scrivono false lettere di Otar alla vecchia. Ma un giorno Eka vende tutto il contenuto della sua dacia per comprarsi il biglietto per Parigi, vuole ad ogni costo rivedere l’amato figlio Otar. Il classico film da festival del cinema, non ha caso vincitore della “Settimana della critica” a Cannes, lento, dove accade pochissimo e viene descritta più che altro la routine quotidiana della novantenne attrice protagonista. Nella versione italiana, tutta doppiata nel nostro idioma, si perde pure l’aspetto linguistico (nella versione originale si parla georgiano, francese e russo) ed allo spettatore non resta che annoiarsi pesantemente. Un film minimalista con veramente poco di nuovo da dire, anche perché la rovina dell’ex impero sovietivco ed il dramma dell’emigrazione che potevano essere due aspetti interessanti della pellicola restano sempre sullo sfondo e fanno da coreografia ad una vicenda privata come tante.
Voto 5,00.

martedì 9 gennaio 2007

Match Point

(Regno Unito/Usa/Lussemburgo 2005, col. 124’)
di Woody Allen.
Con Jonathan Rhys Meyers, Scarlett Johansson, Alexander Armstrong, Paul Kaye, Matthew Goode, Brian Cox, Penelope Wilton, Emily Mortimer.
L’ex tennista professionista irlandese Chris Wilton si è da poco trasferito a Londra ed è stato assunto in un club esclusivo come insegnante di Tennis. Deciso a dare una svolta alla propria vita, approfitta dell’amicizia di Tom Hewett, rampollo di una ricchissima famiglia, si fidanza con la di lui sorella, dolce ma non molto attraente. Intanto flirta con Nola, la fidanzata di Tom, un’attricetta americana in cerca anche lei di un appoggio finanziario. Chris sposa l’ereditiera, mentre Tom lascia Nola, quando Chris la incontra casualmente in un museo il rapporto rinasce. Il prolifico Allen in trasferta inglese (a cui farà seguito l’anno successivo “Scoop”) riesce ancora a stupire presentando un thriller per nulla scontato, gelido ed appassionante, hitchockiano nel creare suspence (specie nel finale) e nel saper sorprendere lo spettatore. Cast azzeccatissmo, la Johansson non è mai stata così sexy e Rhys Meyers ha la faccia tosta giusta per il ruolo. Molto interessante anche l’analisi articolata dei sentimenti amorosi, che evita quell’assolutismo (l’amo, non l’amo più) che abitualmente troviamo al cinema per presentarci invece le tante sfumature che nei diversi rapporti umani si verificano. E’ anche uno di quei rari film in cui i sensi di colpa e le ossessioni interne al protagonista vengono trasmesse allo spettatore senza che quest’ultimo dia in escandescenza in alcun modo. Indubbiamente il miglior Allen del nuovo millennio, ha avuto una candidatura all’Oscar per la miglior sceneggiatura originale scritta sempre dal regista americano ed ha vinto il David di Donatello per il miglior film europeo.
Voto 9,00.

lunedì 8 gennaio 2007

Il tempo dei cavalli ubriachi

(Zamany barayé mast asnha, Iran/Francia 2000, col. 81’)
di Bahman Ghobadi. Con Ayoub Armadi, Amaneh Ektiar- Dini, Nezhad Ektiar-Dini, Medi Ektiar-Dini, Koisolum Ektiar-Dini, Rojim Younessi.
Nel Kurdistan di oggi a cavallo fra Iran e Iraq un ragazzino di quindici anni deve provvedere e mantenere quattro fra fratelli e sorelle minori. Uno di loro soffre di una malformazione ossea, e per curarlo serve un operazione, per viaggiare viene portato in braccio come un neonato. Fuori c’è la guerra e l’unico lavoro possibile è il contrabbando fra un lato e l’altro della frontiera fatto in alta montagna con pesanti carichi a bordo di muli e cavalli. “Il tempo dei cavalli ubriachi” è uno di quei rari film che lascia lo spettatore occidentale di stucco, ci presenta un mondo in cui la lotta per sopravvivere è incredibilmente difficile, in un clima ostile in una nazione che politicamente non esiste! Impressionante è l’unico aggettivo calzante. Una pellicola che non si dimentica facilmente anche perché dotata di una straordinaria forza visiva e che ha, nell’epoca del vuoto pneumatico di idee, qualcosa di importante e di reale da raccontare, ed in questo caso l’abusata parola capolavoro non è spese affatto male. I ragazzini non sono attori professionisti ma i veri protagonisti della vicenda ricostruita ma realmente accaduta. Il film ha vinto la “Camera d’or” a Cannes ed è stato nominato all’Oscar come miglior film in lingua straniera. Ghobadi (primo filmaker curdo di livello internzaionale) è un ex assistente del grande regista iraniano Abbas Kiarostami.
Voto 9,50.

L'astronave degli esseri perduti

(Quatermass and the Pitt, Regno Unito 1967, col. 97’)
di Roy Ward Baker.
Con James Donald, Andrei Keir, Barbara Shelley, Julian Glover, Maurice Good. Durante I lavori per la costruzione di una nuova stazione della metropolitana di Londra a Hobbs Lane vengono alla luce alcuni teschi fossili, viene immediatamente chiamato sul posto un archeologo che comprende immediatamente la sensazionalità della scoperta, essendo I resti umani più antichi mai ritrovati. Durante gli scavi archeologici però viene alla luce anche una strana superfice metallica che lo scienziato crede sia una bomba inesplosa. Chiamati sul posto gli esperti militari, casualmente accompagnati dal famoso scienziato spaziale dottor Quatermass, si rendono ben presto conto che l’oggetto è molto grande ed è composto da un indefinito materiale imperforabile. Mentre le autorità si affrettano a comunicare che si tratta di un missile tedesco inesploso della seconda guerra mondiale, Quatermass ipotizza che sia un’astronave aliena. Sorprendenti e pericolosi sviluppi seguiranno. Terzo capitolo della saga fantascientifica scritta dall’inglese Nigel Kneale e che ha come protagonista il dottor Quatermass, i precedenti furono . “L’astronave atomica del dottor Quatermass” (1955) ed “I Vampiri dello spazio” (1957), e che si concluderà con “Quatermass Conclusion: la terra esplode” (1979), questi lungometraggi furono tutti realizzati prendendo spunto dalle omonime serie televisive inglesi di grande successo prodotte dalla BBC. Questo film è indubbiamente il migliore della serie, un piccolo gioiello della s/f a basso costo, sceneggiatura di ferro, pochi effetti ma egregi per l’epoca ed un interesse ed una tensione per lo sviluppo del racconto che tiene con il fiato sospeso lo spettatore dall’inizio alla fine. Cinema di genere, ma con le idee giuste. Il titolo originale significa “Quatermass e il pozzo”. Voto 7,75.

domenica 7 gennaio 2007

I fratelli grimm e l'incantevole strega

(The Brothers Grimm, Usa/Repubblica Ceca 2005, col. 118’)
di Terry Gilliam.
Con Matt Damon, Heath Ledger, Lena Headey, Peter Stormare, Jonathan Pryce, Monica Bellocci, Tomas Hanak.
Germania 1812: in piena invasione napoleonica i due fratelli Grimm vivono insieme con un paio di complici imbrogliando i creduloni e sconfiggendo false streghe, mostri e fantasmi assortiti. Quando però vengono requisiti dal generale francese Delatombe per risolvere la misteriosa scomparsa nella foresta di alcune bambine si imbattono in veri malefici ed in una malvagia strega assetata di sangue giovane. Dopo l’aborto del suo precedente progetto “Don Chiosciotte” (a tal proposito consiglio vivamente il bel documentario “Lost in La Mancha”) Gilliam si trova ancora una volta in grosse ambasce produttive (emblematico ad esempio il cambio a metà riprese del direttore della fotografia) e nonostante alcune sequenze testimonino il suo indiscutibile genio figurativa il film appare molto slegato, a tratti privo di coerenza narrativa (la sceneggiatura a firma Ethan Kruger è stata in realtà rimaneggiata un numero indefinito di volte) il risultato è nulla più di una grossa occasione sprecata. La pellicola, gia in concorso a Venezia 2005, era già pronta nel 2003 ed è stata distribuita con un paio di anni di ritardo rivelandosi un grosso flop al botteghino, innumerevoli le citazioni pittoriche e naturalmente delle favole dei Grimm (Cenerentola, Hansel e Gretel, Pollicino e Biancaneve).
Voto 5,25.

Le cronache di Narnia: il leone, la strega e l'armadio

(The Chronicles of Narnia: The Lion, the Witch and the Wardrobe, USA 2005, col. 140’)
di Adnrew Adamson.
Con Anna Popplewell, Tilda Swinton, Jim Broadbent, Georgie Henley, Skandar Keynes, William Moseley.
Quattro fratellini londinesi vengono mandati a vivere nella casa di un professore di campagna durante i bombardamenti tedeschi della capitale inglese nel corso della seconda guerra mondiale. Giocando a nascondino la più piccola di loro, Lucy, scopre che dietro un grosso armadio pieno di pellicce si nasconde uno strano mondo innevato ed incontra una strana creatura, un fauno. Rientrata in casa attraverso l’armadio racconta la sua avventura agli scettici fratelli, ma ben presto anche loro verranno trascinati nel parallelo universo di Narnia, dove la strega cattiva tiene sotto scacco tutti gli strani abitanti di quel mondo. Tratto da una saga letteraria che ha venduto milioni di copie un film per bambini ingenuo e lineare che gioca tutto sui soliti (noiosi ed evidentemente posticci ma comunque nominati all’Oscar) effetti speciali digitali, la storia ed i personaggi sono alquanto scontati, la morale è quantomeno controversa: per sconfiggere i cattivi la violenza è necessaria sembra dire il leone personaggio simbolo del film. Dal regista dei due Shrek era lecito aspettarsi almeno un pizzico di ironia (inesistente) e qualche invenzione in più. Solo per ragazzini, ma anche per questo target è stato fatto di molto meglio. Curiosità, il nome di Narnia deriva dalla città umbra di Narni dove lo scrittore.C.S.Lewis è vissuto per un periodo. Si è aggiudicato un Oscar per il make-up. Voto 5,00

sabato 6 gennaio 2007

Non desiderare la donna d'altri

(Brodre, Danimarca/Regno Unito/Svezia/Norvegia 2004, col. 117’)
di Susanne Bier.
Con Connie Nielsen, Ulrich Thomasen, Nikolaj Lie Kaas, Bent Mejding, Solbjorg Hoideldt, Niels Olsen.
Nella Danimarca di oggi vivono due fratelli dai caratteri opposti, il controverso Jannik appena uscito di prigione e Michael militare di carriera felicemente sposato e che ha anche due bambine piccole. Quando Michael è dato per morto dopo che il suo elicottero è caduto durante una missione in Afghanistan il fratello e la moglie si avvicinano e nasce fra di loro una complicità che solo per pudore del congiunto appena scomparso non sfocia immediatamente in un rapporto vero. Quando come un fulmine a ciel sereno Micheal fa ritorno sano e salvo (ma con un compatriota morto sulla coscienza) scopre il tenero che esiste fra i due ed il suo carattere divenuto estremamente irascibile metterà in crisi il matrimonio ed il rapporto con il fratello. Girato in maniera cruda come la scuola nordeuropea ci ha ormai abituato, il film disegna bene alcuni personaggi (specie quello della moglie interpretata dalla bella e brava Nielsen, non a caso pluripremiata per questo ruolo) ma pecca assolutamente sia nelle sequenze afgane che soprattutto nell’inopinato ribaltamento dei caratteri dei due fratelli, inspiegabili l’improvviso ritorno sulla retta via del ribelle Jannik e lo scoppio di follia di Michael, il finale conciliante poi è assolutamente ingiustificato e privo di senso, è evidente che alla regista è mancato il coraggio di osare di più nell’analisi dei suoi personaggi chiave. Peccato perché il film ha ritmo, buona direzione e bravi attori, un’occasione sprecata. Il titolo originale significa fratelli, il titolo italiano è semplicemente idiota. La pellicola ha vinto il Sundacne Film Festival . Voto 6,00.

venerdì 5 gennaio 2007

Steamboy

(Giappone 2004, col. 106)
di Katsuhiro Otomo.
Animazione.
Il giovane Ray è operaio sottopagato in una fabbrica tessile di Manchester, il padre ed il nonno sono scienziati e stanno facendo strani esperimenti in Alaska. Un giorno a casa di Ray arriva un pacco contenente una strana sfera, si tratta di un rivoluzionario e potentissimo modello di macchina a vapore che potrebbe rivoluzionare il mondo. Rapito e portato alla Esposizione Universale di Londra, Ray scoprirà che il padre sta lavorando sullo sviluppo militare della nuova tecnologia mentre il nonno cerca con tutte le forze di impedirlo. Otomo già autore del noto anime “Akira” sviluppa un film fantafuturistico ambientato però nel passato, a parte la curiosità della trama e della morale chiaramente pacifista, l’opera del cartoonist giapponese sconta però una certa meccanicità nei dialoghi e nelle situazioni, dei personaggi il cui carattere è tagliato con l’accetta, e purtroppo tutte le parte che dovrebbero portare un po’ di ironia nel film sono abbastanza deboli (come la piccola fastidiosa Scarlett). Peccato perché lo sforzo produttivo (otto anni per produrlo) non ha partorito il capolavoro sperato, a livello figurativo e spettacolare comunque il film non delude. Voto 6,25

giovedì 4 gennaio 2007

Lords of Dogtown

(USA 2005, col. 107’)
di Catherine Hardwicke.
Con Emile Hirsch, John Robinson, Victor Rasuk, Rebecca De Mornay, Heath Ledger, Michael Angarano, Johnny Knoxville, Bai Ling, Tony Hawk.
1975: nel quartiere degradato di Dogtown sulla costa meridinale di Los Angeles, un gruppo di amici surfisti si converte (per mancanza di onde) allo skateboard ed approfittando della siccità, che ha fatto svuotare tutte le piscine della città degli angeli, per cambiare per sempre lo stile di questo sport. I protagonisti inizialmente riuniti dal locale fabbricatore di tavole nello Zephir Team prenderanno poi, raggiunto il successo, strade molto diverse. Su sceneggiatura di Stacy Peralta (uno dei protagonisti della storia) un film che tenta, senza troppo riuscirci, di ricostruire un’epoca e dei personaggi realmente esistiti entrati nella leggenda di chi ama questo sport. Nonostante dopotutto i fatti raccontati siano anche interessanti, lo sviluppo è troppo superficiale, specie nella caratterizzazione dei protagonisti, troppo enfatizzati certi aspetti e tralasciati altri, lo stesso Peralta scontento del risultato di questa fiction ha realizzato, sullo stesso tema, il bel documentario “Dogtown and Z-boys”. Voto 5,25.

La tigre e la neve

(Italia 2005, col.118’)
di Roberto Benigni.
Con Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Jean Reno, Andrea Renzi, Emilia Fox, Tom Waits, Giuseppe Battiston, Anna Pirri, Chiara Pirri, Licia Poli, Amid Farad, Giovanna Botteri.
Attilio poeta e insegnante continua a sognare un surreale matrimonio con Vittoria l’amore, non ricambiato, della sua vita. Quando quest’ultima rimane gravemente ferita a Bagdad mentre incontrava un poeta iracheno del quale stava curando la biografia, Attilio parte subito per l’Iraq cercando di salvarLe la vita. Benigni riprova la carta della commedia innescata in una situazione estremamente drammatica, operazione che l’aveva consacrato a livello internazionale con “La vita è bella”, purtroppo per lui però il film è una commedia che non fa mai ridere e che tiene ben lontani gli aspetti drammatici della situazione regalandoci un Iraq veramente poco credibile. Unica scena veramente riuscita è quella dell’incontro in motorino del posto di blocco americano. Le intenzioni ,anche se genuine, non bastano da sole a fare un buon film. Stendiamo poi un velo pietoso sulla Braschi, moglie e insopportabile icona del comico toscano. Il cantautore americano Tom Waits, che già aveva recitato con Benigni in “Daunbailò”, appare e cant “You Can Never Hold Back Spring” nel suo sogno. Il titolo è quello di una raccolta di poesie del personaggio protagonista, ed è anche la condizione per la quale Vittoria è disposta ad innamorarsi di Attilio Voto 5,00.

Ella Enchanted

(USA/Regno Unito/Irlanda 2004, col. 96’)
di Tommy O’Haver.
Con Anne Hathaway, Hugh Dancy, Cary Elwes, Aidan McArdle, Minnie Driver, Eric Idle, Vivica A.Fox. In un fantastico reame popolato da umani, fate, streghe, elfi e giganti la piccola Ella subisce appena nata dalla sua madrina un incantesimo (quello del titolo) per cui deve sempre ubbidire, naturalmente questo comporta gaffe, equivoci e situazioni spiacevoli per la giovane protagonista ormai divenuta una bella ragazza. E quando si innamora ricambiata del principe ormai prossimo all’incoronazione l’incantesimo le si rivolterà ancora una volta contro, ma l’amore si sa è più forte di tutto. Una simpatica favoletta cucita su misura per la giovane protagonista di “Pretty Princess”, il film fatta la tara al solito sentimentalismo ed alla trama ormai classica della Cenerentola alle prese con il suo principe azzurro, ha l’ironia dalla sua parte, ed il pretesto dell’incantesimo viene sfruttato discretamente bene. Meno zuccheroso di tanti prodotti analoghi, anche se ovviamente scontatissimo nello sviluppo. Belli i costumi e la scenografia, pessimi gli effetti speciali.
Voto 6,00.