martedì 27 febbraio 2007

Manhattan

(Usa 1979, b/n 96’)
di Woody Allen. Con Woody Allen, Diane Keaton, Michael Murphy, Mariel Hemingway, Meryl Streep, Anne Byrne.
Isaac Davis scrive soggetti per programme televisivi, ma ormai stanco progetta di scrivere un libro dal titolo “La sionista castrante”, con due matrimony falliti alle spalle vive ora con la diciassettene intellettuale Tracy, ma la differenza dietà lo mette perennemente a disagio. Inoltre l’ultima moglie è una scrittrice è sta per pubblicare un nuovo libro autobiografico nel quale Isaac teme di essere coinvolto ed apostrofato negativamente. L’opera più matura di Allen, un viaggio nel mondo di Woody, la sua New York splendidamente fotografata in un indimenticabile bianco e nero (di Gordon Willis), le sue paure ed eterne fobie, i suoi dialoghi ironici e soprattutto autoironici, i suoi personagi sclerotici, nevrastenici, la psicologia complessa dei rapporti umani e sentimentali, tutto come per incanto è perfetto in “Manhattan”. Cast strepitoso, compresa la giovanissima Hemingway che fu candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista senza peraltro vincerlo, un’altra nomination andò alla sceneggiatura originale scritta da Allen insieme ad Marshall Brickman. Il film trionfò invece in Europa dove vinse Bafta, Cesar e Nastro d’argento come miglior film straniero, oltre ad altri numerosi premi minori. Voto 9,50.

lunedì 26 febbraio 2007

Velluto blu

(Blue Velvet, Usa 1986, col. 120’)
di Davi Lynch.
Con Kyle MacLachlan, Tennis Hopper, Isabella Rossellini, Laura Dern, Dean Stockwell, Hope Lange.
Un orecchio mozzato giace in un prato, lo trova il giovane Jeffrey che denuncia il fatto alla polizia. Insieme all’amica Sandy, figlia di un ufficiale di polizia e della quale è anche innamorato si immischia in faccende che non lo riguardano che coinvolgono anche la cantante di night club Dorothy ed il cattivissimo Frank suo ricattatore. Thriller affascinante e disgustosamente grandguignolesco, girato in puro stile Lynch, riprende e sovverte tutti i classici stereotipi del genere noir, immettendo per esempio nel film sadismo ed al tempo stesso romanticismo. Hopper nella parte del maniaco è magistrale, mentre la Rossellini si mostra senza pudore. Film perverso e bellissimo, uno degli apici della cinematografia del controverso regista nordamericano che ne ha curato anche la sceneggiatura, musiche del nostro Angelo Badalamenti che collaborera spesso con Lynch. Il cineasta ricevette una Nomination all’Oscar per la miglior regia, la pellicola ha vinto il festival di Avoriaz.
Voto 8,75

domenica 25 febbraio 2007

Gabrielle

(Francia/Italia 2005, b/n e col. 90’)
di Patrice Chereau.
Con Isabelle Huppert, Pascal Greggory, Claudia Coli, Thierry Haneisse, Mai David.
Jean Hervey ci racconta se stesso, uomo d’affari nella parigini di inizio novecento, con il fiuto per i soldi, la vita elegante e la moglie adorata Gabrielle, che egli considera come il prezioso dei suoi possedimenti e per questo rispetta ad algida distanza. Nel suo racconto Jean ci fa capire come tutta la sua vita sia sotto controllo ed aliena da ogni forma d’imprevisto. Ma un giorno torna a casa e trova, inopinatamente, una lettera di Gabrielle che l’ha lasciato, ma la moglie dopo poche ore ritorna sui suoi passi. Ma ormai tutte le certezze di Jean sono svanite. Tratto dal racconto “Il ritorno” di Conrad, e rielaborato con maggior spazio alla parte femminile là praticamente trascurata dal regista insieme a Annel_-ouise Trividic. Chereau gira un film da camera oserei dire quasi teatrale, con pochissimi personaggi, tanti dialoghi, ma anche un originale uso degli stessi ed elaborazione dei caratteri che non risultano mai banali, ma anzi, molto ben sviluppati ed interessanti. Bravissima come sempre la Huppert. Lo sgretolarsi di un mondo è raccontato con partecipazione, intrigante la scelta di girare il film in parte a colori (nelle scene degli scontri fra i due coniugi) ed in parte in bianco e nero (nelle sequenze più convenzionali). La pellicola era in concorso al festival di Venezia, in patria ha vinto due Cesar per scenografia e costumi. Voto 6,50.

sabato 24 febbraio 2007

Ran

(Giappone/Francia 1985, col.161’)
di Akira Kurosawa. Con Tatsuya Nakadai, Akira terao, Jinpachi Nezu, Daisuke Ryu, Mieko Harada, Peter Hisashi Igawa.
Il principe Hidetora, feudatario nel Giappone del cinquecento, ormai giunto in tarda età, decide di dividere le sue vaste terre fra i tra figli Taro, Jiro e Saburo. Ma ciò non farà altro che scatenare una spietata faida familiare che non risparmierà niente e nessuno. Kurosawa ha per la prima volta a disposizione un budget da grande film (grazie alla produzione internazionale) e con il suo indubbio talento visivo confeziona un’opera che è una gioia per gli occhi e per il cervello, intelligente e raffinata trasposizione orientale del “Re Lear” shakespeariano. Un film coloratissimo con scene di battaglia colossali, ultimo capolavoro di uno dei più grandi maestri della storia del cinema. La sceneggiatura è stata scritta dal regista insieme a Hideo Oguni e Msasato Hara. Ha vinto l’Oscar per i migliori costumi, mentre regia, fotografia e scenografia si sono dovute accontentare di una nomination. Molti altri i riconoscimenti avuti fra i quali due Bafta e un David. Il tiolo in giapponese significa caos.
Voto 9,75.

venerdì 23 febbraio 2007

Broadway Danny Rose

(Usa 1984, b/n 81’)
di Woody Allen.
Con Woody Allen, Mia Farrow, Nick Apollo Forte, Milton Berle, Will Jordan, Sandy Baron.
La vita dello sfortunato agente teatrale Danny Rose viene raccontato da alcuni vecchi artisti attorno ad un tavolo di ristorante. Con un cast di artisti strampalati che tenta di piazzare con una tenacia irriducibile, puntualmente abbandonato da chi riesce ad avere un po’ di successo come il bizzoso cantante italo-americano Lou Canova. Una delle opere più originali nella filmografia del grande Woody, un ritratto comico ed allo stesso tempo malinconico di un personaggio nato perdente macon una voglia di vivere che sintetizza tutta l’irresistibile fbra e tenacia dell’essere umano. Un film tenero, tiste ed al tempo stesso buffo e spassoso, un mix riuscitissimo di commedia e pungente satira sociale. Allen fece recitare la Farrow per tutto il film con gli occhiali da sole per farla sembrare più credibile come italo-americana. Considerato fra le opere minori è in realtà uno dei gioielli della carriera dell’autore newyorchese. Woody Allen fu nominato all’Oscar come miglior regista e sceneggiatore, sempre per la sceneggiatura il film ha vinto il David di Donatello e il BAFTA. Voto 9,50.

giovedì 22 febbraio 2007

Wild Side

(Francia/Regno Unito/Belgio 2004, col. 95’)
di Sébastien Lifshitz.
Con Stephanie Nichelini, Yasmine Belmadi, Edouard Nikitine, Josiane Stolerù. Il transessuale Pierre che si fa chiamare Stephanie vive con gli amanti MIkahil, un cameriere russo che non parla una parola di francese e il maghrebino Djamel che fa la vita di strada come Stephanie/Pierre. Una telefonata con la notizia che la madre sta morendo fa accorrere al capezzale il/la protagonista che non la vedeva da molti anni, tornano a galla così i ricordi ormai rimossi dell’infanzia, specie del padre scomparso quando Pierre era ancora un bambino. Il bravo e purtroppo ancora poco conosciuto regista francese ci porta senza tabù alla scoperta non tanto del mondo transessuale/omosessuale ma quanto dei personaggi che compongono questo piccolo/grande film, l’analisi dei caratteri ed i rapporti interpersonali sono quanto di più credibile si possa trovare, ed anche l’amore a tre è visto come una possibilità, dall’emarginazione socio-culturale può nascere anche amore e non solo odio. Un film unico come la sensibilità dell’autore, supportato da un gruppo di interpreti sconosciuti ma bravissimi. Il film scritto dal regista con il fido Stephane Bouquet ha vinto due premi al festival di Berlino ed è stato premiato anche ai festival di Gijon, Seattle e L.A.Outfest. La performance canora nel locale gay ad inizio film è eseguita dal cantante canadese Anthony. Voto 8,50.

mercoledì 21 febbraio 2007

I giorni del cielo

(Days of Heaven, Usa 1978, col. 95’)
di Terrence Malick.
Con Richard Gere, Brooke Adams, Sam Shepard, Linda Manz, Robert Wilke, Stuart Margolin. Negli Stati Uniti del 1916 Bill ed Abby una coppia proletaria di diseredati di Chicago emigrano nel midwest con la sorellina di lei Linda, narratrice della storia, per cercare lavoro come braccianti. Assunti nella fattoria del ricco proprietario Chuck, approfittano con la scusa di essere fratelli, della sbandata che il padrone si prende per Abby, la vita agiata fa gola. Abby e Chuck si sposano ma la verità è destinata a venire a galla. Un film unico, mix riuscitissimo fra melodramma, avventura, affresco storico, il tutto immerso in una natura via come non mai (meritatissimo l’oscar alla splendida fotografia di Nestor Almendros) il film è stato girato solo al tramonto e all’alba per avere la splendida luce desiderata, Malick (autore anche della sceneggiatura) è un regista fuori da ogni moda e da ogni genere e con quest’opera dimostra tutto il suo valore e la sua importanza nel cinema americano moderno, poche pellicole ma tutte bellissime, dovrà aspettare ben 21 per vedere realizzato il suo terzo lungometraggio (La sottile linea rossa), solo per il montaggio di questa pellicola gli ci vollero ben due anni. Il ruolo di Billl venne rifiutato nell’ordine da: Al Pacino, John ravolta e Dustin Hoffman prima di finire a Richard Gere. La Colonna sonora firmata da Ennio Morricone si prese una nomination insieme ai costumi e al sonoro, Malick ebbe il premio di miglir regista a Cannes, il film vinse inoltre il David di Donatello come miglior film straniero.
Voto 9,75

lunedì 19 febbraio 2007

La costola di adamo

(Adam’s Rib, Usa 1949, b/n 100’)
di George Cukor.
Con Katharine Hepburn,
Spencer Tracy, Judy Holliday, Tom Ewell, David Wayne, Jean Hagen.

Adam e Amanda Bonner sono felicemente sposati, entrambi esercitano la professione legale, lui è procuratore distrettuale e lei un avvocato, i guai cominciano quando i due si scontrano per un caso di omicidio nell’aula di tribunale, anche la vita privata ne subirà le inevitabili conseguenze.
Spassosa commedia del duo Hepburn/Tracy, che faceva coppia (e scandalo, perché lui era sposato) anche nella vita prvata, qui sono al massimo della forma, Cukor come sempre dimostra di essere il miglior regista di sempre nel ritrarre personaggi femminili davvero interessanti, e sa districarsi da par suo nelle vicende sentimentali evitando di metterci troppo zucchero, il ritmo è eccellente, i dialoghi ficcanti e l’ironia impregna in modo intrigante tutta la pellicola. Una commedia sofisticata come solo nella vecchia Hollywood sapevano fare. Il film ebbe una nomination per la miglior sceneggiatura firmata da Garson Kanin (noto anche come regi
sta) e dall’attrice Ruth Gordon (l’indimenticabile vecchina di Harold & Maude), Judy Holliday ebbe una nomination ai Golden Globes come miglior attrice non protagonista.
Voto 8,75.

domenica 18 febbraio 2007

La sanguinaria

(Gun Crazy / Deadly is Female, Usa 1949, b/n 86’)
di Joseph H.Lewis.
Con Peggy Cummings, John Dall, Berry Kroeger, Morris Carnovsky, Annabel Show.
Il giovane Bart Tare, da sempre amante delle armi, conosce Laurie una perfette tiratrice in un side show di un circo e se ne innamora perdutamente. Questo però sarà solo l’inizio dei suoi guai, l’avida e spietata Laurie lo coinvolgera in una serie di rapine con annessi un paio di omicidi. La polizia intanto inizia a braccarli. La Sanguinaria è uno dei migliori prodotti del cinema di serie B americano a cavallo fra gli anni ’40 e ’50, un gioiellino recentemente rivalutato grazie alla splendida regia dello specialista dei film a basso costo J.H.lewis ed ad una caratterizzazione dei personaggi fuori dalla norma del cinema americano coevo, Laurie non è infatti una dark lady alla Veronica Lane, ma piuttosto a tutto l’aspetto della ragazza della porta accanto, tutt’altro che raffinata o sofisticata ma di sicuro ambigua e mefistofelica. Ed il personaggio maschile debole e sottomesso dall’amore per la sua bella è alquanto originale e calzante. La sceneggiatura è del grande Dal ton Trombo che poi finira nella tristemente famosa lista nera del senatore McCarthy, “Gangster Story” di Penn deve molto a questo piccolo film, la scena della rapina girata in piano sequenza è da urlo e fu girata in loco senza avvisare nessuno in presa diretta, le urla dei passanti sono vere, stanno pensando che stia per avvenire una vera rapina!. Il film è stato inserito nel 1998 nel Nation Film Registry.
Voto 9,00.

sabato 17 febbraio 2007

Quando l'amore brucia l'anima

(Walk the Line, Usa 2005, col. 136’)
di James Mangold.
Con Reese Witherspoon, Joaquin Phoenix, Ginnifer Goodwin, Robert Patrick, Dallas Roberts, Luther Patrick.
La vita del famoso cantante country Johnny Nash, ispirata a sue due autobiografie, di cui una ha lo stesso titolo del film, che significa: rigare dritto. Dall’infanzia vissuta nella campagna del Sud degli Stati Uniti e segnata dalla morte del fratello maggioe Jack a cui era molto legato, l’esperienza nell’aviazione in Germania, il fallimentare matrimonio con Vivian da cui però avrà due figlie, e l’arrivo del successo con tutti gli eccessi che porta. In fine la presenza determinante di June Carter nella sua vita. Mangold confeziona un biopic abbastanza classico, da il giusto spazio alla musica, non si lascia andare a facili sentimentalismi e riesce a caratterizzare bene i suoi personaggi, in questo è sicuramente aiutato dalle ottime interpretazione dei due protagonisti, non ha caso la Witherspoon si è guadagnata l’Oscar e Phoenix la nomination ed entrambi hanno vinto i Gloden Globes. Entrambi cantano dal vivo con le loro voci. In ogni caso la storia in se non è esattamente imprevedibile o avvicente, anzi tutto sommato abbastanza prevedibile. Il film è stato nominato all’Oscar anche per i costumi, il sonoro e il montaggio ed ha ricevuto un’infinità di altri premi minori. Voto 6,75.

venerdì 16 febbraio 2007

Per sesso o per amore

(Combien tu m’aimes, Francia/Italia 2005, col. 95’)
di Bertrand Blier.
Con Monica Bellucci, Bernard Campan, Gerard Depardieu, Jean-Piere Darroussin.
François fresco vincitore di svariati milioni di Euro alla lotteria propone alla bellissimi prostituta italiana Daniela di andare a vivere con lui, la pagherà 100.000 Euro al mese finchè non avrà finito i soldi. Lei accetta, ma la scintilla dell’amore sarà galeotta, fra dubbi incertezze e l’intromissione del magnaccia interpretato da Depardieu il film va avanti verso il suo scontato finale. Il mediocre Blier confeziona un prodotto su misura per le forme straripanti della Bellùcci, peccato che la bella umbra non sappia affatto recitare, quando parla è uno strazio e la sua monoespressività non l’aiuta di certo. Inoltre come commedia il film non azzecca una gag che sia una, Campan non è affatto comico e Depardieu è solo la parodia di se stesso, il lato psicologico sentimentale è inesistente, Blier cerca la strada del grottesco ma non trova mai la chiave giusta. Luoghi comuni e frasi fatte come se piovesse sono appioppatti aigli inetti personaggi. Insopportabile ed inadatta la colonna sonora che trangugia ingiustamente anche capolavori della lirica italiana, budget alto sprecatissimo, in definitiva un film davvero deprimente. Consigliato solo ai fan della Bellucci, che sbavano nel vederla seminuda, astenersi tutti gli altri. Al festival di Mosca, con questo film, Blier ha vinto il premio come miglior regista, incredibile! Voto 2,00.

giovedì 15 febbraio 2007

Il colore del melograno

(Sayat Novar, Unione Sovietica 1968, Col. 79')
di Sergej Parajanov.
Con Sofiko Chiaureli, Melkon Aleksanyan, Vilen Galstyan.
Biografia non convenzionale del poeta settecentesco armeno Sayat Nova, dall'infanzia al suo ingresso in convento. Il regista armeno, qui alla sua opera seconda, costruisce un film fatto di quadri in movimento e pochissimi dialoghi interroti da cartelli (tipo cinema muto) nei quali appaiono poesie, titoli, frasi più o meno aderenti a quello che si vede sullo schermo, la camera e sempre fissa, le inquadrature si susseguono senza una logicità, in maniera quasi astratta, i simbolismi sono praticamente incomprensibili per lo spettatore occidentale, ma quello che conta in questo film è la sconvolgente forza visiva e sonora delle immagini, un film ermetico e difficile ma anche potente, innovativo e soprattutto unico. Poesia cinematografica allo stato puro. Non è un caso che Parajanov sia stato anche un pittore. Il film fu perseguitato dal regime sovietico, che non ne capiva il significato e quindi lo guardava con molto sospetto, tanto che la pellicola ci è arrivata manipolata e non nella versione voluta dal regista, ma nonostante ciò il fascino rimane inalterato. Un cinema non per tutti i gusti comunque, lontanissimo dal cinema tradizionale. Voto 9,00.

mercoledì 14 febbraio 2007

Il muro

(Mur, Francia/Israele 2004, col. 100')
di Simone Bitton.
Documentario.
Il film documenta la costruzione del muro voluto dal governo israeliano per separare il proprio territorio dalla Cisgiordania palestinese, un'opera lunga circa 500 km. Viene intervistato il ministro competente che ci da tutte le informazioni tecniche sulla tempistica, i costi, il funzionamento e soprattutto le motivazioni della messa in opera della controversa barriera. Poi le voci fuori campo (per ovvi motivi di sicurezza) di chi abita nei pressi del muro (da una parte e dall'altra) commentano i problemi che questa iniziativa ha portato, vengono intervistati anche gli operai che si scopre sono tutti arabi.
La regista è un'ebrea marocchina residente in Francia, ed in questo film ha il grandissimo merito di far parlare le immagini e le persone cercando di essere il più equilibrata possibile, non vuole dimostrare nessuna tesi alla Michael Moore, ma solo mostrarci un fatto d'attualità ed analizzarlo in tutti i suoi aspetti. A penalizzarlo solo alcune parti relative alla costruzione che sono un po' troppo lente. La pellicola ha vinto il premio speciale della giuria al Sundance Film Festival. Voto 7,00.

martedì 13 febbraio 2007

Prime

(Usa 2005, col. 105')
di Ben Younger.
Con Uma Thurman, Meryl Streep, Bryan Greenberg, Jon Abrahams, Adriana Biasi, Zack Orth, Naomi Aborn.
New York, la bionda trentasettenne Rafi ha appena divorziato ed è in cura da una psicoanalista. Una sera durante una rassegna dedicata a Michelangelo Antonioni conosce un giovane, simpatico ed attraente ragazzo. I due iniziano ad uscire e l'amore sembra sbocciare davvero unico ostacolo, lui ha soli 23 anni, la cosa crea non poco imbarazzo in Rafi che vuole un figlio e non vede un futuro nella relazione, ma Lisa, la sua psicoanalista le dice di lasciarsi andare e vivere in piena libertà questa nuova appagante esperienza. Il tutto si complica, però, quando Lisa scopre che il giovane in questione è suo figlio David. Commedia sentimentale abbastanza tradizionale che punta tutto sulla verve del duo Thurman/Streep e sull'idea della storia fra una donna che va per i quaranta con un quasi ragazzino figlio della confidente di lei, in più per condire il tutto viene messa in mezzo anche l'origine ebraica della famiglia di lui. L'unica idea davvero divertente di tutto il film, è la visione che ha David della nonna che si da le padellate in testa ogni qual volta lui fa una scelta di vita fuori dal seminato. Il regista, anche sceneggiatore, non ha nemmeno il coraggio di spingersi fino in fondo, ed il finale politically correct lo dimostra. Uno di quei film che si dimenticano molto in fretta adatti ad una serata leggera leggera. Voto 5,50.

Prova a incastrarmi

(Find Me Guilty, Usa 2006, col. 125')
di Sidney Lumet.
Con Vin Diesel, Annabella Sciorra, Alex Rocco, Frank Pietrangolare, Paul Borghese, Vinny Vella.
La vera storia del processo a Giacomo (detto Jack) DiNorscio ed a altri boss affiliati al clan mafioso dei Lucchese, considerato il procedimento penale più lungo della storia degli Stati Uniti (in Italia siamo fuori concorso al riguardo). Il film è tutto visto dalla parte del singolare Jack, dal tentato omicidio perpetrato dal di lui tossico cugino, alla condanna a trenta anni di galera, fino alla decisione di difendersi da solo nell'aula del maxi processo. Lumet è il più grande specialista di film giudiziari, sono suoi infatti "La parola ai giurati" ed "Il verdetto" (solo per citare i migliori) ed ancora una volta riesce a tenere alta l'attenzione su un genere ormai sfruttato fino all'osso. Naturalmente è aiutato dalla veridicità della storia raccontata e soprattutto dalla sorprendente prova di un irriconoscibile Vin Diesel che smette i panni dei suoi soliti personaggi testosteronici per vestire quelli di questo istrionico mafioso italo-americano. In epoca di politically correct è notevole il fatto che lo spettatore venga portato a tifare per il criminale anziché per la giustizia. Bravissima la Sciorra nel ruolo della ex moglie, appare per una solo sequenza ma è superba. Il film era in concorso a Berlino 2006. Voto 6,75.

lunedì 12 febbraio 2007

Buffalo Soldiers

(Regno Unito/Germania 2001, col. 98')
di Gregor Jordan.
Con Joaquin Phoenix, Ed Harris, Anna Paquin, Scott Glenn, Elizabeth McGovern, Dean Stockwell, Michael Pena, Brian Delate.
Germania 1989: nella Base Americana Roosevelt il soldato semplice addetto agli approvvigionamenti Ray Elwood fa affari vendendo clandestimante materiale dell'esercito e tagliando droga per conto di spacciatori interni alla base. Intanto il colonnello comandante del reparto cerca disperatamente la promozione leccando il fondoschiena ad un generale. L'arrivo di un nuovo sergente dal pugno di ferro e della giovane e piacente figlia metteranno in subbuglio i traffici di Ray. Intanto il colonnello cerca l'agognata promozione attraverso un'improbabile esercitazione del suo reparto non operativo. Satira antimilitarista tratta dal libro omonimo di Robert O'Connor, buon ritmo narrativo, interpreti azzeccati per una visione dell'esercito yankee davvero cattivella, dove regna il caos disorganizzativo e la violenza nella truppa e le ambizioni di gloria e basta fra gli ufficiali. Ma d'altronde chiunque abbia servito l'esercito (di ogni nazione esso sia) sa che c'è un fondo di verità anche se qui è forse un po' estremizzata. Lo sconosciuto regista australiano svolge il compito senza sbavature e qualche scena è persino memorabile (il carro armato impazzito su tutte!). Il film doveva uscire in sala proprio intorno all'11 settembre 2001, e fu riposto nel cassetto per uscire solo in home video negli States, da noi è comparso in sala brevemente nel 2005. Voto 6.50.

domenica 11 febbraio 2007

L'amore non va in vacanza

(The Holiday, Usa 2006, col. 138’)
di Nancy Meyers.
Con Cameron Diaz, Kate Winslet, Jude Law, Jack Black, Edward Burns, Eli Wallach, Rufus Sewell.
La giornalista inglese Iris e la montatrice di traile di Los Angeles Amanda vengono entrambe lasciate dell’uomo che amano alla vigilia delle festività natalizie. Approfittando di un nuovo tipo di vacanza trovata su Internet che consiste nello scambio alla pari dell’abitazione le due decido di scambiarsi la casa per due settimane, entrambe vogliono isolarsi e staccare la spina dal loro mondo e dagli amici di sempre. Ma l’amore (come il titolo italiano suggerisce) è sempre in agguato. Commedia sentimentale molto convenzionale diretta dalla mediocre regista di “What Women Want” e “Tutto può succedere”, tutto il film è sulle spalle delle due brave attrici protagoniste, la Diaz è molto più adatta della Winslet in questo genere di prodotto. Law assolutamente insulso (nella scena clou ha un espressione veramente ridicola) e Jack Black totalmente fuori ruolo, d’altronde il film calca molto di più i toni drammatico-sentimentali di quelli della commedia, poche le scene divertenti e tutte affidate alla coppia Diaz/Law. Il film è stato scritto dalla regista proprio in funzione del cast che poi vi ha recitato. Molto cinefila la parte losangelina, scontatissimo e come sempre in questi casi, conciliante, il finale. Il vecchio Wallach nei panni dello sceneggiatore è da noi più conosciuto come “Il brutto” del famoso spaghetti western di Sergio Leone. Voto 5,25.

sabato 10 febbraio 2007

La seconda notte di nozze

(Italia 2005, col. 103’)
di Pupi Avati.
Con Neri Marcoré, Antonio Albanese, Katia Ricciarelli, Marisa Merlini, Angela Luce, Robert Madison, Tony Santagata, Valeria D’Obici.
Nella Bologna dell’immediato dopoguerra Nino Ricci giovane con l’ambizione della carriera cinematografica ed il vizio del furto sopravvive con la mamma Liliana vivendo da sfollato in una chiesa. Quando i due vengono sfrattati anche da lì, Nino decide, galeotto uno scambio di lettere, di trasferirsi in Puglia dove vivono lo zio materno (già ricoveratoin manicomio e invaghito fin da giovane di Liliana) e due vecchie e rancorose zie. L’accoglienza non sarà delle migliori. Pupi Avati è sempre stato un buon direttori di attori, e le straordinarie performance di Antonio Albanese e soprattutto di una sorprendente e debuttante Katia Ricciarelli (vincitrice di un nastro d’argento).lo testimoniano alla grande. Peccato che il film, altro vizio delle opere di Avati, sia troppo superficiale e non riesca mai a colpire nel segno ne sotto il profilo emozionale ne sotto quello dell’affresco storico di un epoca del nostro paese, finale molto tirato via. Marcoré ripropone per l’ennesima volta il personaggio dell’ingenuo (ma con un pizzico di cattiveria in più) e simpatico giovanotto. Il film che era in concorso a Venezia ha vinto anche un Nastro d’Argento per i migliori costumi.
Voto 6,00.

venerdì 9 febbraio 2007

La contessa bianca

(The White Countess, Regno Unito/Usa/Germania/Cina, col. 138’)
di James Ivory.
Con Natasha Richardson, Ralph Fiennes, Vanessa Redgrave, Madeleine Potter, John Wood, Allan Corduner.
Shanghai anni ’30, la contessa Sofia profuga delle rivoluzione d’ottobre vive con la figlioletta e la famiglia del defunto marito in condizioni misere, riesce a malapena a sfamare i suoi congiunti con il suo sporco lavoro di entreneuse. Todd Jackson è un diplomatico americano diventato cieco in seguito ad un tragico incidente che ha vista coinvolta la figlioletta, ormai è diventato un cinico e solitario frequentatore di locali notturni. Quando decide di aprirne uno tutto suo coinvolge nell’operazione anche Sofia conosciuta casualmente in un bar. Intanto sulla città incombe l’ombra dell’invasione giapponese. Ivory è bravissimo nella ricostruzione storica ed ancora una volta ce lo dimostra in maniera convincente, peccato che al regista britannico interessino più i risvolti sentimentali dei suoi personaggi rispetto all’affresco epocale nei confronti del quale Sofia e Todd sembrano due entità astratte, non è un caso infatti che la scena più riuscita di tutto il film sia l’incontro casuale con un nobile russo che sta facendo lo sguattero. In questa maniera il film è totalmente anacronistico e non riesce a suscitare ne emozioni ne tantomeno interesse storico, oltre tutto finale super conciliante riesce ad affossare tutta la storia. Terribile il doppiaggio italiano, e poco credibile Fiennes come cieco. La Richardson è la figlia della Redgrave ed entrambe non hanno i tratti somatici giusti per interpretare delle russe. Voto 5,25.

giovedì 8 febbraio 2007

Suspense

(The Innocents, Regno Unito 1961, b/n 105’)
di Jack Clayton.
Con Deborah Kerr, Martin Stephens, Pamela Franklin, Michael Redgrave, Peter Wyngarde, Megs Jenkins.
Miss Giddens giovane istitutrice al suo primo incarico viene assunta da un bizzarro e ricchissimo signore per avere cura dei suoi due nipotini rimasti orfani e che vivono in una grande casa (ma forse sarebbe meglio dire castello) di campagna. I duebambini, Flora e Miles sono belli, affettosi e conquistano subito le grazie della nuova arrivata, che però scopre oscure ombre che si addensano nel recente passato dei bambini e di quell’edificio. La vecchia istitutrice è infatti morta li misteriosamente e così anche il cameriere suo amante, Miss Giddens terorizzata li vede apparire un po’ dappertutto e inizia a sospettare che abbiano un influenza malefica anche sui bimbi. Tratto da una storia di Henry James (Il giro di vite) e sceneggiato tra gli altri dal grande Truman Capote è un thriller girato con maestria da Clayton, e fotografato superbamente in bianco e nero dal futuro regista horror Freddie Francis. I movimenti di camera, lo sguardo allarmato della Kerr, i giochi di ombre e luci ed i movimenti lenti ed inesorabili della macchina da presa riescono a creare una tensione crescente ed intensa. Il film riesce a cogliere sublimamente l’ambiguità del racconto dove tutto è incerto e può accadere senza mettere mano ai clichè più abusati del cinema horror e del sottogenere sui fantasmi. Ne sono stati fatti due pessimi remake: “Improvvisamente un uomo nella notte” (1972) e “Presenze” (1992). Il film fu in concorso a Cannes ed ebbe una nomination come miglior film britannico dell’anno (BAFTA Award). Voto 8,75.

mercoledì 7 febbraio 2007

Mr. Death - Il signor morte

Mr.Death – Il signor morte
(Mr.Death – The Rise and Fall of Fred A.Leuchter jr., Usa 1999, col. 91’)
di Errol Morris.
Documentario.
Fred Lauchter è un ingegnere, figlio di una guardia carceraria di un braccio della morte, si è specializzato nel costruire macchine per la condanna capitale, ci racconte come ha costruito una nuova sedia elettrica per un penitenziario del Tennessee, o una forca nuova di zecca, una macchina per l’iniezione letale per il New Jersey e la camera a gas per il Missouri. La sua vita ha una svolta quando viene chiamato come perito di parte per un processo che si sta svolgendo a Toronto in Canada dove un esaltato neonazista, Ernst Zundel è finito alla sbarra per aver divulgato pubblicazioni in cui negava l’Olocausto. Leuchtner si reca ad Auschwitz e raccoglie campioni degli edificie, dopo averli fatti analizzare, sostiene che secondo lui è impossibile che in quel luogo sia avvenuto uno sterminio di massa. Queste sconcertanti conclusione portano a Fred notorietà ma anche un boicottaggio da parte delle autorità, finirà per restare senza moglie e lavoro. Morris si conferma uno dei migliori documentaristi degli ultimi anni e ci regala un quadro bizzarro e controverso di questo personaggio apparentemente innocuo che esercita un mestiere quantomeno discutibile. Al limite del ridicolo (se non fosse per la drammaticità degli eventi accaduti) la sua ricerca sul campo ad Auschwitz. Sicuramente da vedere. Voto 7,50.

I segreti di Brokeback Mountain

(Brokeback Mountain, USA 2005, col. 134’)
di Ang Lee.
Con Heath Ledger, Jake Gyllenhall, Michelle Williams, Anne Hathaway, Linda Cardellini, Anna Faris, Randy Quaid.
Wyoming 1963: i due giovani cowboy Ennis e Jack trascorrono insieme l’estate pascolando pecore sui pendii selvaggi di Brokeback Mountain, tra i due nasce l’amore. Finita l’estate ognuno torna alle proprie vita, si sposano entrambi, hanno figli, ma il loro legame non muore e periodicamente si incontrano con la scusa di una battuta di pesca. Jack vorrebbe di più e le sue voglie gay lo spingono ad avere anche altre esperienze, mentre Ennis andato a rotoli il matrimonio con la giovane Alma si chiude in se stesso. Ang Lee riesce a mettere insieme un bel melodramma sentimentale evitando di inciampare negli ostacoli che di solito distruggono operazioni di questo genere, evita ogni tipo di stereotipo sui gay, i due personaggi non sono effeminati, non sono dei deboli (la scenata che Jack fa al suocero durante il pranzo del giorno del ringraziamento è emblematica) e sono bisessuali (nei film solitamente il gay è solo gay), evita il patetismo o la pietà che si prova per gli emarginati o comunque il facile sentimentalismo, da il giusto spessore ai pochi personaggi di contorno (le mogli ed in particolare la Williams nel ruolo di Alma è bravissima), colpisce duto ambientando la storia un epoca e soprattutto in un luogo (il West) da sempre simbolo del machismo più conservatore, è aiutato anche dai due bravissimi interpreti che offrono una performance davvero eccellente. Unico difetto un po’ di lentezza e prolissità nel racconto. Ottima anche la contrapposizione delle belle immagini dei monti e della natura nella quale Jack e Ennis vivono il loro amore contrapposta allo squallore della vita domestica tipica della profonda provincia americana, dove la massima distrazione è una riunione parrocchiale. Meritato Leone D’oro a Venezia, a cui vanno aggiunti gli Oscar per la miglior regia, colonna sonora e sceneggiatura non originale e ben 5 nominations (3 agli attori, miglior film e fotografia) e numerosi altri premi di minor importanza. Voto 8,25

martedì 6 febbraio 2007

The New World

(Usa 2005, col. 150')
di Terrence Malick.
Con Colin Farrell, Christian Bale, Q'Orianka Kilcher, Christopher Plummer, David Thewlis, August Schellenberg, Wes Studi, Naoh Taylor, Ben Chaplin.
Una nave inglese sbarca nel nuovo mondo (la Virginia di oggi) con l'intento di impiantarvi una colonia stabile. Il capitano Smith appena graziato dall'accusa di ammutinamento è spedito in missione per contattare gli abitanti del luogo. I primi contatti con gli ingenui e pacifici indigeni sono all'insegna del sospetto ma anche di una certa cordialità, e Smith si innamora della figlia prediletta del capo tribù (che di figli ne ha per la verità qualche dozzina). L'incontro fra culture così diverse non è facile e ben presto la violenza esploderà sconvolgendo anche le vite ed i sentimenti dei due innamorati. Malick porta finalmente a termine un progetto a lungo covato, l'immersione totale nella natura selvaggia di quel mondo primitivo e puro ci ricorda i suoi pochi ma bellissimi film precedenti, peccato che un protagonista totalmente inadeguato come Colin Farrell, con quella perenne espressione imbronciata, ed una troppo insistita e didascalica voce off compromettano irrimediabilmente l'opera. Rimangono squarci di grande cinema ed il rimpianto per un capolavoro mancato. Nomination all'Oscar per la bella fotografia di Emmanuel Lubezki, alcune nomination e premi minori anche per la giovanissima e quasi debuttante Q'Orianka Kilcher, tedesca che veste benissimo i panni di Pocahontas. Voto 5,75.

lunedì 5 febbraio 2007

Volevo solo vivere

(Italia/Svizzera, col. e b/n 75’)
di Mimmo Calopresti.
Documentario.

La testimonianza di 9 ebrei italiani sopravissuti al campo di sterminio nazista di Auschwitz. Il tutto è raccontato in ordine cronologico dal momento dei rastrellamenti casa per casa nell’Italia occupata del 1944, al terribile viaggio nei carri merci, l’arrivo al campo con la straziante separazione fra uomini e donne, i forni crematori, i lavori forzati e la vita dentro il lager scandita dai morsi della fame e dal terrore di una morte atroce. La liberazione quando ormai la speranza giaceva in un angolino nascosto del loro cervello. Il documentario del bravo regista calabrese, coprodotto dalla fondazione di Spielberg per la memoria della Shoa, non racconta nulla di davvero nuovo, ma nonostante ciò, riesce a commuovere ed ad impressionare, perché sentire la voce di italiani come noi che hanno vissuto questa terribile esperienza, ce la rende più viva e più ferocemente attuale. Davvero commoventi e lucide le testimonianze, dal signore che infornava i corpi nei forni crematori a colui che era addetto allo scarico dei convogli ferroviari in arrivo, sconcertante perché ce lo raccontano come se fosse accaduto davvero ieri. Da vedere, un documento valido anche e soprattutto per le nuove generazioni. Sullo stesso tema, rimane indelebile il ricordo del grandissimo documentario di Alain Resnais “Notte e nebbia” del 1956, primo documento cinematografico sull’Olocausto. Il film ha avuto una nomination al David di Donatello come miglior documentario. Voto 7,50.

Shopgirl

(Usa/Regno Unito/Svizzera 2005, col. 104’)
di Anand Tucker.
Con Claire Danes, Steve Martin, Jason Schwartzman, Bridgette Wilson, Sam Bottoms, Rebecca Pidgeon.
La timida Mirabelle si è trasferita dal montuoso e periferico Vermont a Seattle, nell’altra parte degli Usa, culla del giunge e di tanti nuovi artisti, e lei è un’aspirante pittrice. Assunta come commessa in un grande magazzino intreccia inizialmente una relazione con un coetaneo delle idee piuttosto confuse, ma poi passa tra le braccia di un ricco ed attempato uomo d’affari con il quale pensa di aver trovato la sua stabilità, anche perché Mirabelle soffre di attacchi di depressione. Insolito ruolo drammatico per il commediante Steve Martin in un film che non è ne carne ne pesce, perennemente in bilico fra commedia e dramma sentimentale, il regista sembra non sapere che pesci prendere, non basta la suggestiva atmosfera di Seattle per fare un vero film, ben approfondito il carattere principale ma il finale è troppo convenzionale. Brava la Danes, in un ruolo che ci fa finalmente dimenticare quello di Giulietta. Voto 5,50.